lunedì 18 luglio 2011

Sant'agata Militello, Presentazione libro: “L'epopea infranta. Retorica e antiretorica per Garibaldi”, di Massimo Onofri



Giovanni Fattori, Garibaldi a Palermo (1860-62)


Data: Sabato 6 Agosto ore 18.30

Luogo: Corte Castello Gallego, Sant'Agata Militello


Presentazione dell'opera: 

“L'epopea infranta. Retorica e antiretorica per Garibaldi”, di Massimo Onofri, edizioni Medusa.

Interventi di:

Giuseppe Rescifina (Corriere della Sera)

e Domenico Calcaterra (Università di Sassari)

Sarà presente l'autore del libro, Prof. Massimo Onofri, Università di Sassari.


 
Il mito di Garibaldi e dei Mille riletto attraverso alcuni snodi cruciali della storia dell'Italia unita, ricorrendo alla testimonianza dell'arte, tra letteratura, pittura, scultura e cinema, alla sua forza celebrativa ma anche demistificante, alla sua capacità di prendere alle spalle i grandi eventi canonizzati dalla storiografia e i monumenti a essi dedicati. 1860-1867, da Quarto a Mentana: le memorie di Abba e gli altri scrittori garibaldini, i ritratti di Lega, Fattori e Induno, là dove quel mito si genera, ma presto anche si svuota accogliendo i più diversi, e spesso contraddittori, significati. Dopo il 1892: i fasci siciliani e scandalo della Banca romana, un'epopea di medaglie, stracci e camicie rosse che comincia a corrompersi, tra un quadro di Coromaldi, De Roberto dei Viceré e I vecchi e i giovani di Pirandello. 1907-1911: anni di celebrazioni garibaldine per un poeta vate, il Pascoli dei Poemi del Risorgimento (ma anche D'Annunzio), e la sua puerilità monumentale, di decisiva importanza per la futura e nera storia d'Italia. 1914-1925: i garibaldini di Nomellini e i "santi maledetti" di Malaparte, in guerra perenne coi loro popoli. 1930-1934: il Garibaldi del duce, della mafia e di Alessandro Blasetti. 1942-1952: Jovine, Alianello e il Guttuso di Ponte dell'Ammiraglio, quando il mito evapora.

Il prof. Onofri affronta anche il tema della pittura e la figura di Garibaldi: "Giovanni Fattori è definito come “il pittore di un’epopea infranta”, con quel libro tra le macerie, nel quadro Garibaldi a Palermo (1860-1862), che testimonia “quello scempio di civiltà che è il portato di ogni guerra”, nota Onofri. E infine Renato Guttuso: con La Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1952) “non ha voluto rappresentare un episodio della spedizione dei Mille, ma la continuità della lotta popolare, degli eterni garibaldini contro gli eterni borbonici”, scriveva il grande critico e storico dell'arte, prof. Giulio Carlo Argan.

Renato Guttuso, La battaglia di Ponte dell'Ammiraglio (1952)

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