giovedì 18 luglio 2013

Cina: chiuso il museo dei falsi


Il 16 luglio le autorità cinesi hanno chiuso un museo della provincia di Hebei, nel nord della Cina, perché esponeva opere false. Quante sono le imitazioni? E come sono state scoperte?
Il museo Jibaozhai è stato costruito tra il 2007 e il 2010 nel villaggio di Erpu, vicino alla città di Jizhou (240 chilometri a sud di Pechino), ed è costato 540 milioni di yuan (67 milioni di euro). Occupa una superficie di 40mila metri quadrati e ha dodici sale espositive. Ma secondo la polizia cinese, se la sua collezione è composta da opere contraffatte non può essere un museo.
Le copie infatti non sarebbero qualche decina, ma 40mila, in pratica tutto quello che il museo possiede.
Il dubbio è stato sollevato da uno scrittore, Ma Boyong, che il 7 luglio ha pubblicato sul suo blog le foto di opere decorate con colori, motivi e tecniche moderni ma associate alle dinastie Xia (2100-1600 a.C.), Han (206 a.C.-220 d.C.) o Tang (618-907 d.C.). In un’immagine si vede un vaso di porcellana in cui sono raffigurati personaggi recenti spacciati per figure tipiche della dinastia Qing (1644-1912 d.C.), mentre altre porcellane mostrano i protagonisti di un racconto che a quell’epoca non era ancora stato scritto.
Altre opere esposte dovrebbero essere del periodo di Huang Di, “l’imperatore giallo”, un leggendario sovrano che ha regnato intorno al 2.500 a.C. Ma le firme che le accompagnano usano caratteri cinesi semplificati, introdotti dal Partito comunista dopo il 1949, quando è nata la Repubblica popolare cinese.
Boyong nel suo post non ha scritto il nome del museo, ma su internet non c’è voluto molto per identificarlo con il Jibaozhai e la notizia si è diffusa rapidamente.
Le reazioni
Wei Yingjun, un consulente del museo, ha detto che la situazione non è grave, insistendo sul fatto che 80 esemplari, o anche di più, sono autentici.
I fondatori del museo sono indagati. Nel villaggio si dice che il proprietario del Jibaozhai, Wang Zongquan, che è anche il dirigente della sede locale del Partito comunista, abbia comprato le opere senza fare alcuna verifica sulla loro autenticità. Sembra che Wang abbia acquistato più di 40mila esemplari falsi a prezzi che variavano dai 100 ai 2.000 yuan (cioè da 12 a 250 euro). Secondo il vecchio contabile del villaggio il valore totale della collezione sarebbe di 20 milioni di yuan (circa 2 milioni e mezzo di euro). Su internet in molti chiedono di riaprire il museo, rinominandolo: diventerebbe il più grande museo cinese dei falsi.
In Cina negli ultimi anni il numero di musei sta crescendo al ritmo di un centinaio all’anno, e non è sempre facile trovare le opere con cui riempirli. Per questo anche la quantità di esemplari contraffatti rischia di essere alta. Per esempio, in articolo pubblicato dalla rivista Science, si sostiene che l’80 per cento dei fossili in mostra nel paese sia finto.
La presenza di copie nei musei non è un problema solo cinese. Alcune gallerie ammettono di aver esposto dei falsi. Il sito della National Gallery di Londra ha una pagina dedicata alle imitazioni presenti nella sua collezione, e il British Museum accanto a ogni imitazione ha messo una guida che spiega addirittura come il falso è stato riconosciuto e come è riuscito a ingannare gli esperti. Altri musei, invece, raccolgono i prodotti artistici di origine incerta in sale speciali nascoste al pubblico.
La circolazione di imitazioni di opere d’arte in Cina è aiutata anche dal fatto che se ne producono tante e non è difficile recuperarle. In questi anni aziende e artisti hanno criticato la politica del governo cinese sul diritto d’autore, giudicata troppo debole.
Anna Franchin
Per saperne di più
  • Un articolo del South China Morning Post e uno del Guardian sul caso del museo Jibaozhai.
  • Un’analisi della rivista statunitense Bloomberg Businessweek sull’industria cinese delle opere d’arte contraffatte (settembre 2008).




La fonte dell'articlo:
http://www.internazionale.it/news/cina/2013/07/18/il-museo-dei-falsi/

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